Un episodio curioso

Nel 1952 Bateson è in visita allo zoo di San Francisco. Un episodio cattura la sua attenzione e lo annota sul suo taccuino
“vidi due giovani scimmie che giocavano, cioè erano impegnate in una sequenza interattiva, le cui azioni unitarie, o segnali, erano simili, ma non identiche, a quelle del combattimento. Era evidente, anche all’osservatore umano, che la sequenza nel suo complesso non era un combattimento, ed era evidente all’osservatore umano che, per le scimmie che vi partecipavano, questo era non cambattimento”.

Non so voi, ma io ho sempre trovato incredibilmente affascinante il modo di giocare dei bambini.
“facciamo che io ero….” Una frase bellissima, aperta, che catapulta, come per magia, il gruppo di bambini su un’isola del tesoro, dentro un fatato castello o nel mezzo di una battaglia vichinga.

Una scoperta soprendente

I bambini giocano non solo perché si divertono, ma anche e soprattutto perché imparano a entrare e a uscire dalle cornici di senso, acquisiscono risorse e imparano skills importantissime per quando saranno adulti.

Questo vale, come ha mostrato proprio Bateson, anche per i cuccioli dei mammiferi superiori in tutta la scala evolutiva.

Il “fare finta” nel gioco, che può essere considerato un modo di agire per prova, consente, di mettere in scena esperienze non ancora reali, educa a una capacità trasformativa dell’esperienza, grazie alla possibilità di imitare situazioni reali o fantastiche.  Col gioco i bambini possono “far finta di” essere adulti, sperimentando questa condizione, senza doverne affrontarne i relativi fallimenti e le inevitabili sofferenze.

Una delle condizioni del gioco è la consapevolezza. Il gioco funziona solo  quando i partecipanti sanno di giocare, sono consapevoli di ricoprire un ruolo, indossare i panni di qualcun altro e giocare a fare esperienze.

Per Gregory Bateson il gioco è una mimesi.

Uno strumento per crescere (bene e felici)

Il “fare finta” di essere un altro, o un adulto, consente di fare prove, simulare esperienze ancora non reali o imitare la realtà, provare a trasformarla tenendo sotto controllo i rischi.

Quando il bambino gioca a fare la guerra, non sta facendo la guerra, ma fa, per così dire, la non-guerra. L’imitazione della guerra, infatti, è come una copia che non intende confondersi con il modello, ma che anzi se ne vuole distinguere per differenza, facendo acquisire le esperienze simulate.

 

E ora libera la fantasia!