I bambini, spesso, quando giocano, dicono una frase bellissima: facciamo che io sono.
In quel preciso istante vengono catapultati in un mondo parallelo, fantastico. E diventano veramente impavidi cavalieri, pirati, ricercatori, principesse, guerriere, cowboy o vichinghi. Vivono realmente le loro avventure anche se sono fantastiche,  affrontando e risolvono problemi reali. E’ in quel preciso momento che diventano creativi, sviluppano il problem solving e le loro abilità. E’ una palestra per l’adulto che saranno domani.

Il gioco di finzione, o imitazione, è una modalità di gioco molto importante, praticata dai 18 mesi fino ai 10 anni circa. Permette di mettersi nei panni degli altri, di esplorare le emozioni in modo sicuro e di accompagnare e rafforzare lo sviluppo del linguaggio

Ho sempre pensato che il gioco sia una vera e propria scuola di vita. Serve a conoscere le proprie abilità e i propri limiti e, di conseguenza, a esplorare nuove possibilità di movimento e comportamento. E questo vale tanto per i bambini quanto per i cuccioli degli animali. Infatti, gli animali che già appena nati devono procurarsi il cibo da soli e difendersi dai predatori non hanno di certo il tempo e le energie anche per divertirsi. Ecco perché il gioco fa parte del corredo biologico di carnivori, primati, uccelli e, ovviamente, umani.

Il gioco simbolico è una delle attività attraverso le quali il bambino impara a costruire e strutturare lo sviluppo della propria personalità: quanto più il bambino avrà modo di vivere esperienze di gioco simbolico, tanto più potranno svilupparsi le sue capacità cognitive, relazionali, sociali ed emotive.

Il gioco di finzione è un’attività importante, raffinata e impegnativa, che si sviluppa e progredisce durante l’infanzia insieme a diverse abilità e competenze del bambino.

Aiuta il bambino ad affrontare i problemi, risolverli e avere una nuova visione del mondo.

“Nel gioco il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose: un pezzo di legno comincia ad essere una bambola e un bastone diventa un cavallo” (L. S. Vygotskij,Il ruolo del gioco nello sviluppo,1966).

Gli studiosi individuano intorno ai due anni d’età l’inizio del vero e proprio gioco simbolico, quello in cui «il pensiero è separato dagli oggetti e l’azione nasce dalle idee più che dalle cose.
Il bambino trasforma gli oggetti facendoli diventare, come per magia, ciò che gli serve per affrontare l’avventura e, ovviamente, superarla.

Giocando a far finta che… i bambini allenano, come in una palestra, la propria immaginazione e creatività, sviluppano skills e abilità, imparano a riconoscere le emozioni proprie e altrui, esplorano mondi sconosciuti, esercitano abilità cognitive e relazionali, sviluppano le prime forme di pensiero astratto, arricchiscono il proprio lessico. Giocare a “essere un altro” può inoltre aiutare il bambino a comprendere un punto di vista diverso dal proprio e può costituire un’ottima occasione di osservazione per l’adulto, perché, attraverso la finzione, il bambino racconta sé stesso e il mondo dei grandi che lo circonda.

Tutta questa abilità cognitive plasmeranno l’adulto che sarà domani e lo aiuterà ad affrontare la vita, nelle sue innumerevoli e, spesso dure, avventure.

Quindi forza…. diventiamo pirati, vichinghi, principesse, fate o incantevoli folletti.

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